Ho un forte mal di testa. Il telefono è andato a fuoco per tutta la giornata e ho avuto difficoltà a rispondere a tutti. Non so perché ma il mio coinvolgimento non è stato particolarmente emotivo come tra molti dei miei colleghi, compagni, amici. C’è una strana frenesia tra coloro che domani hanno deciso di andare a votare che mi prende relativamente bene. Anzi, in alcuni momenti sono infastidito da questo eccesso di partecipazione, che detto fuori dai denti e non con il gergo tecnico che richiederebbe l’occasione, trovo a tratti penoso. La pervasività delle informazioni su questa tornata elettorale ha occupato tutti i miei spazi. Dal cellulare, al computer, fino agli amici che passano sotto casa per dirmi come procede il lavoro al circolo di turno, non sono riuscito nemmeno a prendermi un caffè pensando magari al mio gatto che sta poco bene, o al mio amico che è appena tornato dall’ospedale, o a quella persona lì che meriterebbe più attenzioni di quante gliene dia.
Oggi pomeriggio mentre cercavo di lavare i piatti di una cena fatta due giorni fa mi sono ritrovato con l’iPad accesso sul lato del lavello, il cellulare appoggiato alla spalla a chiarire una faccenda di sondaggi e la tv che in sottofondo mi lanciava le ultime su Renzi, Bersani o Vendola e in quel momento ho avuto una pessima opinione di me. Ho pensato che di fondo il lavoro che faccio, l’interesse e la passione che ci metto, non valgono poi tutto questo spreco di fatiche, di chiacchiere, di opinioni, di strategie. E ho pensato che le cose che faccio sono tutte essenzialmente inutili, che non modificheranno la vita di nessuno, tantomeno la mia.
Così i post letti in Rete, le interviste ascoltate, gli articoli dotti di coloro che, in nome dell’imparzialità, corrono tutti verso la stessa metà, da quel momento in poi hanno avuto un suono diverso, un significato diverso. Ho cominciato a rispondere poco e male alle telefonate, ho preferito non commentare alle diverse sciocchezze che a tutte le ore vengono pubblicate in Rete, ho pensato bene di non ascoltare e nemmeno leggere l’ennesimo inno al voto di domani.
Il mal di testa un po’ si è attenuato ma ho il terrore dei prossimi mesi, dei prossimi anni.  Non oso immaginare cosa succederà alle politiche, dove gli interessi saranno alle stelle e dove la montagna di parole sarà praticamente impossibile da attenuare. Ma è meglio rimandare, meglio non aggiungere altri inutili pensieri.
In molti sanno già chi sarà il vincitore, forse non sarà eletto domani ma fra qualche settimana…e anche questo ha gioco facile sul mio enorme mal di testa.
E comunque non mi rimane che dirvi “buon voto”.

p.s. questo post consideratelo alla stregua dei diari di Malinowski…il blog era fermo da anni…è solo un momento per uscire da quell’enorme buco nero nel quale mi sono volutamente cacciato…

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