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“Sentivo le voci”. Con questa dichiarazione la 22enne Hannah Turtle ha provato a giustificare l’omicidio del figlio di 58 giorni, avvelenato con farmaci antidepressivi e poi soffocato con una mano stretta alla bocca per dieci minuti.

A un anno e mezzo di distanza da quella follia assassina la mamma killer è comparsa in tribunale, alla Mold Crown Court, chiamata a rispondere di di maltrattamenti, due di somministrazione di veleno e una di omicidio. Hannah, che in precedenza si era dichiarata innocente e che all’epoca assumeva farmaci contro la depressione, ha detto di aver sentito delle voci che le dicevano che era una madre cattiva e che non meritava di avere quel bambino.

Il raptus si consumò il 9 giugno 2016, il giorno dopo il compleanno di Hannah. La ragazza chiese alla suocera di preparare quattro bottiglie di latte per il bimbo e Kathleen, dopo averle preparate e aver controllato il nipote mentre dormiva, rientrò nella sua camera. Pochi minuti dopo sentì le urla disperate di Hanna che gridava: «Sta succedendo di nuovo, James sta male». Portato in ospedale in condizioni disperate, il piccolo fu dichiarato morto il 13 giugno: aveva subito danni irreversibili al cervello per mancanza di ossigeno.

Dopo la morte del figlio, Hannah confessò a un assistente sociale che in tutte e tre le occasioni aveva premuto le mani sulla bocca di James mentre dormiva, anche per cinque, dieci minuti di seguito: «Piangeva attraverso la mia mano – raccontò – era come un pianto attutito. Nessuno poteva sentirlo, agitava le gambe in aria».  Nelle stesse circostanze, la donna spiegò di aver sciolto nel latte del bimbo i farmaci antidepressivi che usava per curarsi.

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