mappa clan caserta e provincia

Una questione di gerarchie e supremazia. Caserta e l’hinterland casertano sono segnati dalle cosche più potenti del cartello dei Casalesi. E’ questo il quadro inquietante delineato dalla nuova relazione DIA relativa al primo semestre 2017.

Caserta e Agro Aversano. Il territorio risulta dominato dal clan dei Casalesi, composto dalle famiglie Schiavone, Zagaria, Iovine (il cui capo clan è collaboratore di giustizia) e Bidognetti, al quale risultano confederate numerose altre organizzazioni camorristiche locali.

Il cartello in parola è stato, secondo gli inquirenti, oggetto di una progressiva trasformazione, intervenuta per effetto delle numerose scelte collaborative di elementi di primo piano, che hanno svelato dinamiche interne e strategie operative dei Casalesi.

La pressione estorsiva esercitata testimonia  il permanere di una salda forza associativa sul territorio, mentre sul piano delle relazioni esterne il clan conferma la sua attrattiva per faccendieri, imprenditori e amministratori locali. La fazione Schiavone continua a detenere la supremazia sul territorio, grazie alla fedeltà dei gruppi satellite e ad una salda leadership.

Recenti indagini hanno fatto emergere la proiezione del clan verso gli appalti pubblici ed il settore del gioco online, avvalendosi delle confederate famiglie Russo e Venosa, quest’ultima – a conferma del cambiamento delle strategie dei Casalesi – attiva anche nella gestione e nel controllo diretto delle piazze di spaccio del casertano. La fazione Zagaria, ben strutturata e solida sul territorio, mantiene una vocazione imprenditoriale, agevolata dai consolidati rapporti con le pubbliche amministrazioni, non solo casertane.

Parete e Lusciano. La fazione Bidognetti opera nell’area di Parete e Lusciano, condizionandone il tessuto economico attraverso l’attività estorsiva, risorsa primaria per il sostentamento degli affiliati all’organizzazione criminale, oltre che strumento per il radicamento del clan e dei gruppi satelliti sul territorio.

Nel febbraio 2017, il clan fu smembrato grazie all’azione di contrasto effettuato dalla  D.I.A di Napoli, della Polizia di Stato, dall’Arma dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, la quale si  concluse con l’esecuzione di 31 ordinanze di custodia cautelare. L’intervento permise, infatti di far luce sul sistema delle estorsioni e di ricettazione della famiglia Bidognetti. Tra gli arrestati, figurano anche una nuora e le figlie del capo clan (ristretto in regime di 41 bis dell’ordinamento penitenziario), le quali, approfittando dei colloqui in carcere, avrebbero trasmesso gli ordini all’esterno.

Marcianise, San Nicola la Strada, Casagiove, Macerata Campania, San Prisco, Maddaloni e San Felice a Cancello. Si tratta di un territorio caratterizzato da importanti realtà industriali e commerciali, dove i Belforte rappresentano una delle compagini criminali più radicate e in grado di sfruttare, per i propri scopi illeciti, anche operatori economici compiacenti. É del maggio 2017 un decreto di sequestro di beni della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria C.V., emesso a seguito di indagini patrimoniali condotte dal Centro Operativo D.I.A. di Napoli, a carico di un imprenditore, attivo nel settore della produzione e del trasporto di calcestruzzo. Quest’ultimo favoriva (ed era favorito rispetto alla concorrenza) i Belforte, segnalando al clan i cantieri che venivano aperti sul territorio, in modo da consentire l’attività estorsiva, prestandosi in prima persona anche per il ritiro delle somme estorte. Nel medesimo contesto marcianisano, si sono radicati anche gruppi familiari più piccoli, quali il clan Menditti (presente a Recale ed a San Prisco) e il gruppo Bifone, attivo nei centri di Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove, Macerata Campania e San Prisco.

Santa Maria a Vico, Arienzo e San Felice a Cancello, è attivo il clan Massaro. Nel corso del semestre, proprio l’amministrazione comunale di San Felice a Cancello è stata oggetto di scioglimento per infiltrazioni mafiose. La proposta di scioglimento avanzata dal Ministro dell’Interno (datata 10 maggio 2017) evidenzia come nell’Ente siano emersi “gravissimi e reiterati fenomeni corruttivi tali da costituire un vero e proprio «sistema illegale» caratterizzato dal costante asservimento delle risorse pubbliche al tornaconto personale di esponenti dell’apparato politico e burocratico dell’ente in un contesto inquietante di commistione con gli interessi delle consorterie localmente egemoni”. Emblematico, poi, il passaggio che descrive uno dei meccanismi corruttivi ideati dall’organizzazione, basato sulla lievitazione degli importi da erogare rispetto a quanto inizialmente fissato per il servizio di gestione e manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione, attraverso apposite varianti in corso d’opera, preventivamente concordate.

Sessa Aurunca e Mondragone.  Gagliardini-Fragnoli-Pagliuca, eredi della famiglia La Torre, legati ai Bidognetti e dediti prevalentemente a traffici di stupefacenti e alle estorsioni. Sempre a Sessa Aurunca e nei comuni di Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina, l’indebolimento del clan Esposito, detto dei ‘Muzzuni ha, da tempo, determinato l’emersione di piccoli gruppi, molto eterogenei, dediti alle estorsioni e al traffico ed allo spaccio di stupefacenti.

Santa Maria Capua Vetere. In quest’ultima area sono presenti il gruppo Del Gaudio (Bellagiò) e l’antagonista Fava, significativamente indebolito dopo la scelta collaborativa di uno dei reggenti.

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